Scritto da: La Redazione
Quasi un miliardo e ottocento milioni di euro investiti nel 2019 in azioni di Responsabilità Sociale e Sostenibilità dalle aziende italiane che hanno scommesso sul loro ruolo di produttori di valore sociale: il 25% in più rispetto al 2017.
Sono i dati emersi dal IX Rapporto sull’impegno sociale delle aziende in Italia, la statistica promossa dall’Osservatorio Socialis, realizzata dall’Istituto Ixè e presentata in diretta web dalla sede di Università Mercatorum a Roma.
Il valore assoluto degli investimenti in RSI è più che quadruplicato rispetto a 18 anni fa, quando venne realizzata la prima rilevazione dell’Osservatorio Socialis. Questo percorso di crescita continua rischia però di interrompersi nel 2020 a causa della crisi del Coronavirus.
“I dati restituiti dal IX Rapporto CSR confermano il radicamento e il valore del fenomeno – ha commentato Roberto Orsi, Direttore dell’Osservatorio Socialis – Ora si tratta di reggere l’urto dell’emergenza Covid-19 pensando a nuovi modelli di sviluppo, ancora più sostenibili, più attenti alle persone, all’ambiente, al contenimento degli sprechi, dove la tecnologia e l’innovazione sposano la responsabilità sociale.”
Perché un’azienda dovrebbe decidere di investire in un progetto di Responsabilità Sociale?
Secondo quanto affermato dalla Commissione Europea, la Responsabilità Sociale d’Impresa rappresenta un asset strategico che favorisce l’aumento di competitività e porta vantaggi in vari ambiti:
- Miglior gestione del rischio;
- Produttività e ottimizzazione dei costi;
- Accesso al capitale;
- Relazioni coi clienti;
- Capacità di innovazione
“L’adozione di una politica aziendale basata sulla Responsabilità Sociale può permettere la formazione di un clima di fiducia, internamente all’azienda, ma anche nei rapporti con la clientela e la collettività“
Cambiamento culturale
Il passaggio da una prima stagione mossa da una sorta di “paternalismo” volto alla “tutela del consumatore” come “parte debole”, a quella attuale del consumo “responsabile” del cittadino, che è diventato protagonista del cambiamento, sta spingendo le imprese ad adeguarsi per cogliere i nuovi bisogni e preferenze del mercato.
Negli ultimi anni si è verificato un cambiamento culturale nei consumatori. Non solo valutano il produttore per la qualità dei beni e servizi offerti, ma anche per la modalità con cui le stesse imprese esercitano la loro attività. Chi acquista è sempre più propenso a spendere qualcosa in più per premiare le aziende più attente all’ambiente e al benessere di lavoratori e fornitori.
Non adeguarsi alle nuove esigenze della collettività potrebbe influire negativamente sulla branding reputation. Si potrebbe verificare che il cliente scontento del comportamento dell’azienda non acquisti più, provocando una diminuzione dei ricavi e conseguentemente del valore del brand.
La Responsabilità Sociale riguarda anche le PMI?
La RSI è stata considerata come qualcosa che può riguardare solo le imprese di grandi dimensioni. In realtà, in un tessuto imprenditoriale come quello italiano, le piccole e medie imprese rappresentano circa il 92% delle aziende. Dunque esse giocano un ruolo determinante anche in tema di sostenibilità del territorio. La questione è piuttosto allora comprendere se l’RSI è alla portata delle risorse, capacità e interesse di una PMI.
Così come un percorso è fatto di tanti piccoli passi, anche l’evoluzione verso la sostenibilità può essere gestita attraverso il concepimento di tanti piccoli progetti successivi. Ognuno deve portare ad un miglioramento e ad un beneficio tangibile in una delle aree fondamentali di intervento:
- Salute e sicurezza dei luoghi di lavoro
- Tutela dell’ambiente
- Efficienza e fonti rinnovabili
Le soluzioni e le possibilità di intervento sono “infinite”: la disponibilità di nuove tecnologie e di nuove competenze costituisce una condizione favorevole per il cambiamento in ottica green: si pensi, ad esempio, all’ammodernamento dei processi, o ai vantaggi della trasformazione digitale, o infine alla creazione di nuove modalità per servire il cliente.
Il Temporary Manager come catalizzatore del processo
Nell’introduzione di novità, il problema spesso è come conciliare l’operatività ordinaria con la necessità di trovare tempo e competenze per nuovi progetti.
Una soluzione, è costituita dal Temporary Innovation Manager, una figura sostanzialmente ancora poco utilizzata in Italia, che è specializzata in interventi di durata limitata e segue un approccio manageriale alla gestione dei progetti.
Ma qual è il ruolo del TIM in un progetto da realizzare in una piccola e media impresa?
Il Temporary manager ha come obiettivo fondamentale il “far accadere le cose”, ovvero assicurarsi che il cambiamento diventi un “fatto organizzativo” e sia effettivamente adottato dalle persone dell’organizzazione.
È la soluzione ideale per le PMI perchè rappresenta la “dose giusta di managerialità”. Non si tratta di un inserimento di un manager a tempo indeterminato e non è l’intervento spot del consulente che in realtà non incide a sufficienza per generare un cambiamento stabile.